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La Verna 15 Maggio 2015
Usciti dal grande cancello del santuario restiamo subito impressionati dallo scempio creato, nel bosco di faggi secolari, dal recente tornado che ha investito l’Alta Valle Tiberina e in special modo il Monte della Verna: sembra che una gigantesca e potente motosega, sfuggita al controllo sia improvvisamente impazzita, accanendosi contro la natura circostante. Siamo in viaggio da appena pochi minuti, la segnaletica è carente e già siamo assaliti dal dubbio: destra o sinistra? Per un pellegrino è questa la domanda più ricorrente durante ogni viaggio. Scelgo la destra e dopo dieci minuti di una ripida salita la mia scelta viene premiata dalla presenza di una splendida ed enorme croce di legno che ci rassicura di essere sulla strada giusta. Antonio è così eccitato che subito prega Anne di farci una bella foto con la croce sullo sfondo.Cinquanta metri dopo, un cartello ci informa che stiamo incrociando il sentiero che viene giù da Forlì e prosegue per Roma. Il sentiero già ripido si impenna ancora di più e giunti in cima, un altro cartello ci informa che siamo sul Monte Calvano, a quota 1254, quindi caracolliamo oltre il colmo e, lasciando il Casentino, ci avviamo verso l’Alta Valle del Tevere, lungo la discesa che ci porterà a Pieve Santo Stefano. In fondo ad un vasto quanto verdissimo prato, tempestato di minuscoli fiorellini gialli, Antonio decide di cambiarsi i pantaloni lunghi, fa già troppo caldo, io ed Anne lo lasciamo dietro un folto cespuglio e giunti all’ombra di un grosso leccio, cinquanta metri più avanti, facciamo una sosta. Non sono fortunato, deposito il mio fardello su di un nido di formiche che, in un baleno e a centinaia, invadono dento e fuori il mio zaino. Passerò il successivo quarto d’ora a scuotere il sacco per liberarlo degli insetti operosi, sì, ma anche tanto… rompiscatole!La discesa è piacevole, Anne capisce discretamente l’italiano e si esprime nella nostra lingua molto meglio di quanto dava ad intendere. La compagnia è piacevole, noi siamo molto disponibili con lei e, presto, ci rendiamo conto di avere a che fare con una donna colta e sensibile, molto educata e attenta.L’avevamo conosciuta la sera prima, dopo aver salutato Rosaria, Greta, Patrizia e Gigi che rientravano a Sansepolcro, l’avevamo incontrata nel refettorio del convento. Con Antonio eravamo seduti ad un tavolo, apparecchiato per quattro e due signore si erano avvicinate a noi chiedendo, cortesemente, il permesso di potersi sedere in nostra compagnia. Poi si erano presentate come Anne e Nives. Anche loro due si erano appena conosciute sul pullman che da Bibbiena le aveva scarrozzate fino a La Verna. Nives era una tirolese di Merano, Anne invece era una signora tedesca di Düsseldorf. La prima era in convento per un ritiro spirituale di tre o quattro giorni, l’altra invece avrebbe fatto un pellegrinaggio di sicuro fino ad Assisi ma poi, forse, si sarebbe spinta addirittura fino a Roma. Dopo una lunga ed allegra chiacchierata, Nives che faceva un po’ da interprete (essendo bilingue la nostra lingua la conosceva molto bene) prima di andare tutti a dormire, aveva insistito perché Anne il mattino seguente si aggregasse a noi due. Dopo l’abbondante colazione, infatti, la tedesca ci aveva chiesto se avessimo qualcosa in contrario a che lei si incamminasse in nostra compagnia. Si era immediatamente rincuorata nell’apprendere, da Nives che noi eravamo onorati della sua presenza e che ci avrebbe fatto soltanto piacere poter condividere con lei la maggior parte del percorso che ci attendeva da lì in avanti. Intanto il sentiero era ben segnato e non avevamo avuto più difficoltà a raggiungere Pieve Santo Stefano, anche il tempo aveva tenuto, nonostante qualche nube si stesse addensando all’orizzonte. Appena dentro il paese ci eravamo fermati presso un albergo ristorante e, dopo una bella rinfrescata, avevamo consumato un ottimo piatto di pappardelle ai funghi porcini, innaffiato da un bel bicchiere di vino rosso che la tedesca pareva gradire molto. E’ stato soltanto dopo il caffè che Anne mi ha pregato di trovargli un letto per dormire in quel di Pieve Santo Stefano, lei non se la sentiva di proseguire per il Passo di Viamaggio, dove io e Antonio ci eravamo prefissi di giungere alla fine di quel primo giorno di marcia.Devo ammettere che con un certo dispiacere, mezzora dopo io Antonio, lasciata la nostra amica, ci mettevamo di nuovo in marcia, prossima tappa il Cerbaiolo, un antico eremo appollaiato su di un dirupo, ad 1,5 km. Di distanza dal sentiero principale. Dentro il paese, però, abbiamo presto smarrito le indicazioni per il sentiero e siamo finiti per seguire quelle stradali, con la conseguenza di giungere all’eremo quasi con un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia. A tutto ciò si è aggiunta anche la circostanza che l’eremo fosse chiuso (abbiamo appreso soltanto dopo, da Patrizia, che per la visita sarebbe stata indispensabile la prenotazione), rendendo pertanto inutile la deviazione dal sentiero principale, con il risultato che con tutto il tempo sprecato, saremmo potuti essere già al Passo. Unica consolazione, quando ormai la stanchezza cominciava a farsi sentire pesantemente, le mie barrette di cioccolato fondente ed una fontana che proprio ignoravamo di trovare quando ormai le borracce erano praticamente vuote come il nostro stomaco! Con l’aiuto di Francesco e qualche inevitabile morso dei crampi, alle 19 circa siamo giunti al Passo, ora potevamo chiamare l’albergatore per farci prelevare e condurre nel nuovo albergo a mezza dozzina di km.di dal vecchio albergo sul Passo, ormai abbandonato al suo inevitabile destino. Alle 20,45, dopo la doccia, il bucato e la stesura della biancheria, finalmente ci siamo messi a tavola, una bella grigliata mista di carne e patate fritte, a consolazione di tutta la fatica di questo primo giorno di cammino verso San Francesco. Prima di andare a letto, facciamo la conoscenza di Patrizia, una bella e forte signora toscana, che sta guidando sul cammino una dozzina di allegri e simpatici turisti brasiliani. La donna, che sa tutto e di tutti sul cammino, ci interroga ben bene sulle nostre intenzioni e non ci risparmia una buona dose di preziosi consigli sul percorso del giorno successivo: la meta? San Sepolcro! dove ci attenderanno Rosaria con Greta, Patrizia e Gigi. Uhhhh! Che stanchezza… Il tempo di fare il segno della croce e di ringraziare il Santo… e buona notte!
Valico di Viamaggio – 16 maggio 2015
Il cicalino della sveglia giunge alle nostre orecchie con lo stesso effetto di un sasso che, rotolando dal costone di una montagna, finisce sulla testa di uno stanco viandante. Antonio emette un gemito di protesta ma non si muove di un millimetro, resta immobile come morto, io afferro gli occhiali e mi infilo in bagno. Venti minuti dopo, sto raccogliendo la biancheria che avevo stesso sotto il portico una diecina di ore prima: è più bagnata di quando l’ho stesa, l’umidità della notte, lì al passo, non ha fatto sconti a nessuno, neppure alle nostre mutande. La colazione è abbondante e nella sala c’è molta animazioni: i pellegrini brasiliani sono contagiosi e con Antonio scommettiamo che prima di sera con loro diventeremo amici. Dobbiamo tutti ritornare al passo, noi diamo la precedenza agli ospiti che caricati su tre auto vengono ricondotti sul sentiero, in prossimità del Valico. Quando vi giungeremo noi, loro non ci sono più, si sono portati avanti. Ci addentriamo nel bosco, il sentiero subito si impenna, le gambe, dapprima riottose e legnose, cominciano a sciogliersi pian piano. Quando scolliniamo, davanti a noi si spalanca un’ampia vallata, facciamo una breve sosta, beviamo un sorso d’acqua, Antonio furtivo accende la sua seconda sigaretta pochi tiri, poi mi guarda: -
Sansepolcro – 17 maggio 2015
Sono le sette quando suona la sveglia nella foresteria dell’ostello, i nostri compagni di stanza sono già spariti, ieri sera quando siamo rientrati era tardi e già russavano avvolti nelle loro coperte, stamattina sono partiti mentre noi ancora russavamo sotto le nostre.La colazione è calda ed abbondante, servita in una splendida sala con il tetto “a volte”. Finita la colazione, Patrizia, la guida, ci invita ad incamminarci, lei si tratterrà in meditazione di gruppo, ancora per qualche minuto, con i suoi carioca ci raggiungeranno verso Citerna, strada facendo.Quando usciamo dalla cittadina, il sole è già bello caldo, Anghiari è disteso come un vecchio addormentato (mi sovviene una vecchia e bellissima canzone) lungo la collina difronte, più a sinistra la prima delle nostre mete giornaliere, oggi ci aspetta un percorso tutto sull’asfalto, poveri piedi miei martoriati, bah! Meglio non pensarci… Appena alzato, fortunatamente, ho fatto più fatica ad infilare le calze che gli scarponi…ancora umidi! Per str4da andiamo belli spediti, risolto alla grande il problema della biancheria, siamo entrambi di buon umore. Dopo circa un’ora ci concediamo una piccola pausa e ne approfittiamo di scambiare quattro chiacchiere con un loquace contadino, tutto intento a dirigere le operazioni di alcuni braccianti: stanno trapiantando delle giovani pianticelle di tabacco, una nuova qualità a foglia larga per la formazione di sigari, dal nome inconfondibilmente americano, Kentucky appunto. A mia espressa domanda ci informa anche che le immense coltivazioni che si estendono sul fronte opposto della strada sono composte per la maggior parte da erbe medicali, melissa in particolare, che presto andranno a rifornire le più importanti erboristerie della penisola, per conto di una grossa e nota industria del settore. Staremmo ancora ad ascoltare le interessanti notizie che l’uomo ci elargisce a piene mani, ma il sole è già alto e comincia a scottare con una certa insistenza. Salutiamo e ci avviamo verso Citerna che si staglia davanti a noi e si avvicina sempre più. Quando giungiamo sulla piazza restiamo affascinati dallo spettacolo che si staglia davanti a noi: Citerna è un balcone che si affaccia su tutta l’Alta Valle Tiberina e con San Sepolcro in bella evidenza. Il tempo di dissetarci alla fontanina davanti alla chiesa e di darci una bella rinfrescata, poi una breve visita alla chiesa di San Michele Arcangelo per ammirare la Crocifissione di Niccolò Circignani detto Il Pomarancio All’uscita dalla chiesa troviamo la piazzetta invasa dai nostri amici brasiliani, foto di gruppo, bevute, un gelato, un mezzo panino e via, il barista stava per chiudere il locale ma paziente non si lascia sfuggire l’occasione di un insperato guadagno. Mentre usciamo dal piccolo e splendido borgo, sulla sinistra si scorge il nucleo abitativo di Monterchi, il mio pensiero corre subito alla Madonna del Parto, altra famosa opera di Piero della Francesca, peccato che non ci sia proprio alcuna possibilità di visitare il sito, Città di Castello è ancora molto lontana, il percorso sarà tutto sull’asfalto e visto che è già mezzogiorno sarà durissimo: a riprova che l’uomo non è mai contento, personalmente, comincio a rimpiangere gli scrosci di pioggia di Monte Casale e di Montagna del giorno prima. Ancora una volta, ai piedi di Citerna, ci separiamo dai brasiliani, pernotteranno a Le Brugne, Città di Castello per loro è troppo lontana, ci arriveranno il giorno seguente. E’ l’ultima volta che li vediamo, li abbracciamo tutti e facciamo loro il nostro “In bocca al lupo”! La mia previsione si rivela azzeccata, alle sedici circa, quando finalmente troviamo un bar lungo la rovente strada statale e decidiamo di fare una sosta, siamo ancora lontani, a circa sei km. dalla nostra meta, la Residenza Antica Canonica. Fa un caldo bestiale, gli scarponi ormai asciutti sono come due stufette, i piedi sono in ebollizione, provo a farli rinfrescare sull’erbetta rasa di un’aiola davanti al locale ma tutto è inutile anche l’erba si è surriscaldata. Per arrivare a destinazione, quasi due ore dopo, attraversiamo quasi tutta la periferia ed il centro storico della città di Monica Bellucci che, tra l’altro con scarso tatto, non si è fatta neppure vedere…Ovviamente sto scherzando! Stanco e sfatto mi trascino fino all’ascensore che mi porterà verso le nostre camere Antonio che si era trattenuto per consumare davanti al portone l’ennesima sigaretta, non si accorge dell’ascensore e quando dopo tre rampe di scale finalmente mi raggiunge sta ancora brontolando per la fatica imprevista quanto inutile. L’appartamento è grande, ci sono due camere da letto matrimoniali, un grosso soggiorno-
Prima di chiudere gli occhi penso che siamo già a metà strada, fra tre giorni saremo finalmente ad Assisi e penso con un certo rammarico che, nonostante le fatiche, i disagi, abbiamo fatto fuori anche la parte migliore di questo viaggio: i preparativi, le ansie, i dubbi, le curiosità, la tensione, tra qualche giorno tutto questo sarà dietro di noi, tutto sarà passato. A me e anche ad Antonio, che sta per concludere la sua prima esperienza di pellegrino, cominceranno a mancare le sveglie, questi luoghi, certi riti quotidiani tipici del cammino e, per consolarci degli inevitabili vuoti, saremmo costretti a pensare al prossimo pellegrinaggio, alla prossima esperienza. Mamma mia, che sonno! Adesso sono davvero stanco e devo proprio salutare tutti…