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Pellegrinaggio per il Giubileo della Misericordia
ACQUAPENDENTE -
Testimonianza del pellegrinaggio compiuto alle tombe di Pietro
Primo giorno: Acquapendente-
Domenica 8 di maggio del 2016, quando mi sveglio è l’alba, dormono ancora tutti nella Casa del Pellegrino di Acquapendente. Completo l’apposizione del secondo timbro sulle Credenziali, il primo timbro l’aveva apposto la sera prima lo stesso Sig. Sergio Pieri, il funzionario comunale che gentilmente aveva procurati e forniti i quattro lasciapassare o passaporti che dir si voglia. Quando torno dal bagno, c’è ancora silenzio intorno a me, ormai anche i più irriducibili hanno smesso di russare, io evitando di rientrare nel camerone dove ho dormito con Antonio, Giancarlo e altri due pellegrini austriaci, Sabina invece sta dormendo, in un'altra stanza, con due pellegrine francesi. Mi metto a fare, pertanto, un cruciverba della Settimana Enigmistica che mi accompagna sempre, in casa e fuori, compreso quando sono all’estero. Sono circa le 5,30 quando fa il suo ingresso nel cucinino la più giovane delle francesi: -
Quando carichi ed impazienti di partire, siamo giù in strada si son fatte quasi le 7,00, viene ancora giù qualche goccia ma non tiriamo fuori le mantelline incerate, non si annusa aria di pioggia, forse è solo umidità della notte che viene giù (acqua…pendente?) in questo catino nel quale è stato costruito il primo paese laziale, una volta lasciate la Toscana a nord e l’Umbria, ad oriente. Dopo alcuni minuti transitiamo davanti a una basilica di stile romanico e appartenente storicamente all'ordine benedettino. È chiamata del Santo Sepolcro perché, nella cripta, è conservata una pietra macchiata di sangue che si dice provenga dal Santo Sepolcro di Gerusalemme. Percorriamo un breve tratto lungo una pista pedonale che costeggia la Cassia, svoltiamo a destra e dopo circa un chilometro ci troviamo su una strada carrareccia che si infila tra i campi coltivati, dopo una mezzora ci ritroviamo di nuovo sulla Cassia ma solo per attraversarla e inforcare un’altra strada campestre che gira tutt’attorno ad una zona industriale. Campi coltivati, a destra e a sinistra, ci accompagnano per circa un paio d’ore, non c’è un posto per sedersi né per poter appoggiare uno zaino senza impolverarlo, quando ritorniamo sulla grande arteria ormai siamo a cinquecento metri da San Lorenzo, finalmente possiamo fare colazione: brioche e cappuccino, con un’abbondante spolverata di cacao, per tutti! Una volta rinfrancati e dopo una mezzoretta di riposo, ci rimettiamo in cammino ma dopo dieci minuti dobbiamo ritornare nuovamente davanti al bar: qualche cretino (ve lo ricordate che la madre degli imbecilli è sempre incinta?) ha manomesso l’indicazione della Via Francigena, presente su di un palo della piazza, e questo gesto irresponsabile costringe i pellegrini a prendere una direzione sbagliata. Usciamo dal paesello e, finita la leggera discesa, ci troviamo di fronte ad una delle prime vedute del lago di Bolsena che sarebbe da mozzafiato se non fosse che manca il sole ed il cielo è completamente grigio. Il tempo di assaporarla appena e la Francigena si infila in una fitta boscaglia, dalla quale emergeremo poco meno di un ora dopo e sempre con vista grigia del lago. Una carrareccia poi ci porta su è giù lungo il crinale delle colline che si innalzano sul nostro fianco sinistro, infine sullo sfondo a circa un’ora e mezza di cammino compare la sagoma del castello di Bolsena.
Ci imbattiamo finalmente in un tavolo e due panchine, di assi di legno, ne approfittiamo per consumare un tramezzino a testa che Giancarlo si era trascinati dietro da Villanova e che la sera precedente non avevamo consumati, preferendo andare a fare una pizza in quel di Acquapendente. Quando riprendiamo il cammino ci troviamo circondati da alcuni prati in fiore e ne approfittiamo per fare qualche foto, il sole latita ancora ma c’è un filino di luce in più. Prima di entrare in Bolsena, dalla parte alta, quella del castello, siamo costretti a tirare fuori le mantelline, solo quattro gocce ma tant’è. Alla Pensione Italia, ci accoglie una signora gentile, le camere non sono un granché ed i bagni messi maluccio ma noi siamo adesso parecchio stanchi e chiediamo solo di infilarci sotto una doccia calda e desideriamo poter indossare un pigiama o degli abiti puliti ed asciutti. Antonio, Sabina e Giancarlo optano per il pigiama, io non riuscendo a dormire di pomeriggio, scelgo di andare a fare un giro. Proprio sotto la pensione, sempre in Via Cavour la mia attenzione viene attratta da un piccola e alquanto strana insegna, a modo suo un po’ particolare: Le Sorgenti - presenza del Corpo di Cristo nel pane e nel vino consacrato, durante la celebrazione della messa, allo spezzare dell’ostia abbia visto sgorgare da questa alcune gocce di sangue che macchiarono non solo il corporale di lino ma anche alcune lastre di marmo che, a loro volta, rivestivano il pavimento nel percorso tra l’altare e la sacrestia, luogo nel quale aveva cercato rifugio il sacerdote non solo confuso ma sicuramente molto scosso ed emozionato dall’evento. Nella cappella sono tuttora conservate le lastre di marmo, mentre il corporale di lino è conservato con l’ostia macchiata di sangue nel Duomo di Orvieto. Il papa Urbano IV, dopo aver fatto le necessarie verifiche, dichiarò la soprannaturalità dell’evento e, a ricordo perenne per tutta la cristianità, proclamò la solennità chiamata Corpus Domini: correva l’11 agosto 1264. Dopo la visita al luogo sacro ci portiamo verso l’affollato ed elegante lungo-
Pietro
2° giorno Bolsena Monterfiascone
3° giorno -
4° giorno: Viterbo-